Gli aveva suggerito l’ex presidente della Commissione europea, Jacques Delors, di non rinchiudersi in un palazzo, ma di incontrare gente, imprese e attraversare territori (evitando, però, le capitali). Un consiglio che Enrico Letta, incaricato dal Consiglio Ue e dalla Commissione di preparare il «Rapporto sul futuro del mercato unico europeo», ha seguito alla lettera. In otto mesi ha visitato 27 Paesi europei, 65 città ed effettuato 400 incontri. Un tourbillon di spostamenti che continua tuttora e che sul campo gli ha fatto toccare la realtà di cui tutti siamo consapevoli, e cioè la fragilità dell’Europa. Una cosa di cui si è reso conto «de visu» anche l’ex sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, approdato a Bruxelles da qualche mese («ma ti sei imposto bene», si è complimentato Letta), per sua stessa ammissione con «meno possibilità di incidere rispetto all’incarico di primo cittadino — spiega —, ma con la percezione di stare dove le cose dovrebbero succedere». In prima fila, presenti all’incontro «Le sfide per l’Europa dopo il voto Usa» (condotto da Nicola Saldutti, caporedattore Economia del Corriere della Sera nel panel del Festival Città Impresa), alcuni industriali bergamaschi, Alberto Bombassei ed Andrea Moltrasio, hanno annuito alla considerazione di Gori, inquadrata in un contesto dove da qualche giorno, sull’Europa, giganteggia la figura del neo eletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Che cosa succederà? «La sua elezione obbliga l’Europa a diventare adulta e a farlo rapidamente — riflette l’ex presidente del Consiglio —. Per una serie di veti incrociati abbiamo perso tempo mancando l’integrazione in competitività e sicurezza. C’è una frammentazione da superare: è questo l’unico modo per essere competitivi e non ritrovarsi, tra cinque anni, ad essere una colonia dell’America o della Cina». La disamina di Letta ha puntato il faro sulla Germania e sulla Francia: «Che non sono nelle condizioni di dettare legge», incardinando anche queste due nazioni in una considerazione di fondo: «Ci sono Paesi piccoli e Paesi che non hanno ancora capito di esserlo. Ma tutti lo siamo. Negli anni Ottanta, l’Italia pesava da sola come India e Cina messe insieme. Oggi sono venti volte l’Italia. È cambiato tutto, ma alcuni paesi si sentono ancora grandi, basti pensare che una banca italiana non può comprare una banca tedesca». La vicenda è quella del muro contro UniCredit che punta a Commerzbank. «O giochiamo come industria europea o non c’è partita — prosegue Letta —. Forse possiamo andar dietro ad Ursula Von der Leyen proprio su questa partita unitaria che può portare a risultati importanti. Su energia, telecomunicazioni e mercati finanziari siamo frammentati e divisi». Giorgio Gori gli fa eco: «L’elezione di Trump ci mette di fronte alle nostre responsabilità — osserva l’eurodeputato —, rappresenta una sfida per l’Europa. Sotto la sua presidenza, si registrerà un impulso all’innovazione, mentre i dazi proteggeranno i settori industriali del nostro export. O si andrà a negoziare coesi e compatti, o il gioco di dividerci troverà successo e noi ci ritroveremo spianati. Ci vuole coraggio e responsabilità».
Corriere della Sera / di Francesca Basso. C’è più ripresa di quello che si vede. Sono i numeri a dirlo. I dati sui distretti industriali raccontano di una crescita doppia di quella dell’Italia: (altro…)