Produttività, istruzione, e concorrenza: così si vincono le sfide del futuro

Corriere di Bergamo.

Python? E che cos’è? Chi ha capelli grigi in testa (o non ne ha affatto) lancia sguardi interrogativi, mentre in apertura del Festival Città Impresa, l’economista, bergamasco nel mondo, Francesco Giavazzi, indica come fondamentale precetto del futuro la conoscenza di questo linguaggio, utilizzato in moltissime tipologie di applicazioni. Chi era fermo all’inglese, prego, si modernizzi. E si impari  a guardare oltre. «Perché guardare indietro è uno dei nostri mali. Anche nelle faccende bancarie italiane, ci sarà un magistrato che giudicherà quanto è successo, ma impariamo a guardare avanti». Anche oltre il vanto del territorio, che afferma Giavazzi: «È un elemento tutto nostro, da valorizzare insieme a quello che facciamo, ma senza usarlo come protezione. Non mettiamoci a fare il Nebraska. Sicuramente a farlo sono più bravi in Nebraska».

I tanti ragazzi, in platea, — alcuni ex allievi del professore—ascoltano affascinati un intervento che, come una lezione universitaria, ha il pregio di avvicinare Bergamo al mondo, di rendere accessibili i grandi temi; da Macron alla Merkel, ai grandi tavoli decisionali europei («dove la nostra fragilità non ci consente di essere presenti», sottolinea) per finire alle realtà scolastiche di ca sa nostra. Anche quelle professionalmente dolorose, su cui annuisce la dirigente scolastica Patrizia Graziani, perché il gap di studenti degli istituti tecnici tra la Germania e l’Italia, indica un rapporto da 1 a 100: 8 mila sui libri qui e 800 mila là. E per le aziende, grandi ( le cosiddette «lepri che corrono») e piccole, trovare teste giovani e mani buone diventa un problema («ma è un interesse fondamentale —rileva Stefano Scaglia, presidente di Confindustria — tutelare il capitale umano che si costruisce in azienda»). Aziende attrazione 4.0. «Ben venga un’Università che insegni a dialogare con le macchine, ma che fornisca quel che serve per essere davanti. Che, nel caso i paradigmi cambino, possa decodificare la realtà con la logica e la storia», prosegue Giavazzi che cala il tris di assi, con cui il Paese potrà vincere la sfida del domani.

L’istruzione, la concorrenza («delegificare e favorire l’osmosi tra pubblico e privato») e la produttività. Che non è uno zero,come  qualche report, su un grande tavolo europeo, vorrebbe far credere. Ci sono le grandi aziende manifatturiere che corrono, mentre le piccole soffrono. Piccolo non è più tanto bello. «Sotto i 20 addetti non c’è produttività, men che meno nelle imprese in cui la partecipazione pubblica è più del 30%», conclude Giavazzi sotto lo sguardo — un po’ co— del sindaco Gori. «Recuperare la produttività» è anche il nocciolo centrale dell’intervento pomeridiano di Simona Camerano, responsabile Ricerca e studi della Cassa Depositi e Prestiti, forse l’osservatorio principale, il termometro concreto con cui misurare la ripresa italiana.

È qui, alla Cdp che, infatti, viene spesso abussare il«pubblico» che vuole investire. «E negli investimenti, che negli anni della crisi, hanno riflettuto del 30%, ma che ora stanno ripartendo e in un ceto bancario da cui provengono segnali positivi» c’è la chiave del motore di una «ripresa che — conclude Camerano —sembra esserci e che va sostenuta». I ragazzi, tantissimi, prendono appunti. Il Festival e i suoi contenuti sono per loro. Gli economisti di domani, che a 13 anni hanno imparato il Python in mezzo pomeriggio. Non senza un pizzico d’invidia da parte di Giavazzi.

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