Lotta alle bufale del terzo millennio “Verità della notizia, bene da tutelare”

Corriere di Bergamo / di Fabio Paravisi. 

A un certo punto a qualcuno scappa la parola «bufala». Ma, sono gli stessi relatori a ricordarlo, il termine risale ai tempi in cui le notizie false erano spacciate nei bar e nelle portinerie.

Oggi «il bar è diventato globale e le notizie false possono fare molti più danni». «I fatti non sono più la priorità — ha detto il rettore di Bergamo Remo Morzenti Pellegrini —: oggi si punta a catturare emotivamente l’attenzione dei lettori». Ecco perché è alle «fake news» e al loro «fantasma» che Città Impresa ha dedicato il dibattito con il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana e il rettore dell’Università Luiss di Roma Paola Severino.

«Si tratta di informazioni false prodotte in maniera malevola e organizzata, per motivi economici e politici — è la definizione da cui è partito Fontana —. La disinformazione è organizzata, 1,6 miliardi di persone nel mondo sono connesse ogni giorno su Faceboook e il 63% dei giovani si informa dalla Rete con notizie spesso non verificabili e difficilmente riparabili». «Abbiamo a che fare con le fake news, che sono notizie false con accentuazione dolosa o di colpa grave — distingue, da giurista, Severino — ma anche con la post verità, che colpisce il sentimento delle persone, e su cui sono state basate le campagne elettorali di Trump e della Brexit». Da qui si parte per capire i punti critici, le conseguenze e i possibili rimedi. «La rivoluzione digitale è fantastica, ci sentiamo connessi a milioni di persone — avverte Fontana — ma in realtà siamo in comunità troppo identiche a noi, alle quali veniamo convogliati dagli algoritmi. Così non ci sono le condizioni per la crescita del giudizio critico. Così come io non vorrei mai avere intorno solo persone che mi danno sempre ragione, non vorrei nemmeno avere a che fare con un’informazione che riflette solo quello che penso, pregiudizi compresi». Con un’aggravante, ricorda Severino: «L’anonimato è la fonte dell’irresponsabilità su vari livelli, si sente di poter fare quello che si vuole. Bisogna eliminare l’anonimato in tutte le sue articolazioni, compresi i bitcoin che servono alle transazioni illecite».

Il problema è che contro le notizie false non ci si può difendere, continua l’ex ministro: «Quando si interviene ormai la notizia ha percorso milioni di chilometri, se viene cancellata dal sito principale resta in quelli secondari. E non esiste più diritto all’oblio. Il tutto con l’illusione delle gratuità. Ci può difendere sapendo che c’è sempre chi ci guadagna. E c’è una cosa positiva: viene riattivato il valore del vero rispetto al falso, e si capisce che la verità di una notizia è un valore da tutelare».

Uno stimolo in più per la professionalità di chi si occupa di informazione. «È una battaglia culturale, e per noi un’opportunità per fare giornalismo serio — riassume Fontana —. Lo strumento che monitora il sito del Corriere mi sta raccomandando il modo per avere il massimo dei contatti: le ultime performance di Belen, le gallery dei gattini e le liti della Maionchi. Sappiamo che questa è un’onda inesorabile e che queste cose hanno cento volte più riscontro di un editoriale. Ma noi chiediamo il pagamento al nostro sito perché vogliamo poter fare un’informazione seria, fattuale, indipendente e originale. È una sfida difficile ma che va avanti: una garanzia per la formazione di un Paese e per la sua democrazia. Vogliamo pensare che nel mare tempestoso delle informazioni ci sia un’ancora cui aggrapparsi».

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