Giornale di Vicenza -

«Terzo mandato? Anche no, grazie» Parola di sindaci

Due mandati posson bastare. E lo dice chi i due mandati li ha fatti o quasi, e chi invece è all’inizio della sua esperienza. Riccardo Illy, già sindaco di Trieste e presidente del Friuli Venezia Giulia, Giorgio Gori che sta per chiudere i suoi 10 anni da primo cittadino di Bergamo e Giacomo Possamai che sindaco lo è diventato dieci mesi fa, sono perfettamente allineati. Come è emerso ieri a margine dell’incontro del Festival Città Impresa a palazzo Chiericati. E la comune appartenenza politica c’entra solo fino ad un certo punto, visto che in realtà anche tra i sindaci di centrosinistra ce ne sono molti che invece il terzo mandato lo sostengono. «È vero, molti colleghi sono motivati in questo senso, lo capisco – dice Gori – capisco la posizione di chi si chiede “perché per noi ci deve essere il tetto di due mandati mentre per i parlamentari non esistono limiti”, tuttavia la mia esperienza mi dice che in dieci anni quello che puoi dare lo dai. Io, se ci fosse, non farei uso del terzo mandato». Dopo l’esperienza amministrativa, Gori comincerà una nuova avventura candidandosi con il Pd alle Europee. E se quello di Illy è un no secco («A tutela della persona, perché il sindaco uscente farebbe fatica a sottrarsi alle pressioni di una ricandidatura, ma anche a tutela della democrazia perché un accentramento di potere per troppo tempo non è mai una buona cosa»), anche Possamai non promuove il terzo mandato: «Non trovo affatto scandaloso che ci siano sindaci a favore, ma io credo che dieci anni siano sufficienti. Aggiungo che in Veneto, dove si discute del terzo mandato per il presidente della Regione, la discussione rischia di essere inquinata perché per Zaia non sarebbe il terzo ma sarebbe il quarto mandato». Punto e a capo. Perché in realtà il nocciolo del dibattito, moderato dal direttore del Giornale di Vicenza Marino Smiderle, è un altro e parte da un libro che racconta la figura di Lorenzo Bosetti: prima grande manager della Marzotto, poi dal 1995 e per dieci anni sindaco di Valdagno. Un percorso simile a quello di Illy e Gori. E anche Possamai, seppur in misura diversa, arriva dal mondo dell’impresa. Un sindaco oggi deve essere anche un po’ manager? Spoiler: sì, quantomeno in parte. «Quando sono diventato sindaco – racconta Illy – ho utilizzato le mie competenze da manager: mi piace citare Peter Drucker che sosteneva come le organizzazioni, imprese, associazioni, enti pubblici, hanno tutte la stessa finalità, quelle di soddisfare le necessità delle persone. Nelle imprese queste persone le chiamiamo clienti, nella associazioni utenti, nei comuni cittadini». Illy è poi tornato a fare impresa e dell’esperienza di sindaco si è portato dietro «l’empatia verso le persone e la pazienza». Già, l’arte della pazienza, perché sarà pur vero che come dice Possamai «fare il sindaco è il mestiere più bello del mondo», ma la via crucis burocratica per un sindaco è una croce non da poco. E dice il vero Gori quando spiega che «rispetto a quando guidi una società in un Comune comandi molto poco: se un dirigente non funziona non lo puoi mandare via, se un dirigente è valido non hai la possibilità di gratificarlo». È la dura vita del sindaco che tra lacci e lacciuoli, risorse che mancano, questioni pratiche da affrontare potenzialmente infinite, prova il tutto per tutto per migliorare le propria città. Perché è da lui che i cittadini vanno a bussare quando qualcosa non funziona. Tuttavia, anche per Gori «non c’è nulla di più bello di quando puoi incidere in positivo per la tua comunità». E Possamai la pensa uguale: «Certo, è complicato, un sindaco deve guardare all’immediato ma anche avere una visione di prospettiva e la complessità vera è la diversità delle cose devi affrontare quotidianamente. La velocità dei problemi si scontra con la lentezza della macchina burocratica. Ha detto bene Illy: guidare un comune, è come guidare un agglomerato di imprese. Eppure, per me, il saldo è positivo perché non c’è niente di più emozionante che provare a fare del bene per la propria città». E tirando le somme, parafrasando George Bernard Shaw: per essere sindaco non è necessario essere manager, però aiuta.

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