Giornale di Vicenza -

«L’incertezza sta frenando gli investimenti Ma Vicenza può tornare a correre»

«Gli investimenti sono rallentati, per non dire fermi, da diverso tempo e registriamo ancora molta prudenza delle aziende. Il problema principale è rappresentato dall’incertezza geopolitica e dal rallentamento dei consumi. Ma siamo fiduciosi su una ripartenza per la seconda metà dell’anno». Cristina Balbo, direttrice regionale Veneto Ovest e Trentino Alto Adige di Intesa Sanpaolo, prima banca del Paese e del Vicentino, tiene i piedi per terra e lo sguardo lungo.Eppure l’ultima congiuntura vicentina ha segnato un valore della produzione negativo per la prima volta dopo il covid. È il caso di allarmarsi?La frenata era attesa ed è conseguenza di un rallentamento generale sugli scambi internazionali. E i territori che più esportano, come Vicenza, ne hanno risentito in misura maggiore. Ci aspettiamo ancora qualche mese di stagnazione che stiamo riscontrando nel rallentamento degli ordini e quindi anche nella produzione, ma ci attendiamo una ripresa nella seconda parte dell’anno: c’è attesa per la riduzione dei tassi e il contenimento dell’inflazione.L’export risulta in calo, come è stato rilevato anche dal vostro ultimo Monitor. C’è un rischio distretti? Il calo è legato soprattutto al rallentamento di alcuni settori a valle della catena produttiva, ma il modello non è in discussione: resta forte e distintivo perché assicura una competitività maggiore. Le imprese dei distretti sono caratterizzate da un modello di innovazione diffuso lungo tutta la filiera e si confermano essere più flessibili. Non appena il mercato riprenderà Vicenza può tornare a correre.Alcuni mercati forti per le nostre imprese però, dalla Germania agli Usa, sono risultati in calo. Rappresenta un problema?Gli imprenditori vicentini stanno dimostrando con reattività e flessibilità che possono muoversi anche su altri mercati e noi siamo in grado di accompagnarli. Siamo presenti con filiali estere e uffici di rappresentanza in 80 Paesi, la nostra rete globale è costituita anche da banche controllate e da una rete internazionale specializzata nel supporto alla clientela corporate. Inoltre, valorizzando le sinergie infragruppo, abbiamo realizzato un nuovo programma di crescita per le imprese nell’est Europa.È la risposta a chi dice che Intesa è una banca «lontana»?Prima di tutto siamo una banca del territorio, presente in modo capillare e con strutture che hanno competenze per rispondere in modo veloce alle esigenze delle imprese in un mondo in trasformazione. Il credito è importantissimo e bisogna essere veloci, ma serve anche accompagnare le imprese in percorsi di cambiamento sempre più complessi.Le banche chiudono sportelli, il credito cooperativo è in controtendenza. Cosa ne pensa?Misurare la vicinanza di una banca solo con la filiale fisica francamente mi sembra riduttivo. La cosa importante è restare sul territorio con filiali strutturate e competenze. E avere inoltre una rete di canali digitali alternativi, su cui come banca abbiamo investito da tempo, in grado di rispondere a tutte le esigenze.Avverte difficoltà nelle imprese con l’aumento del costo del denaro?Non stiamo riscontrando tensioni sul costo del credito perché le aziende sono arrivate a questo punto con una buona liquidità. Qual è l’atteggiamento sul fronte investimenti?Gli investimenti in effetti sono rallentati, per non dire fermi, da diverso tempo. C’è un atteggiamento di attesa legato all’incertezza del contesto e al rallentamento dei consumi. Meno, a quanto posso vedere, dal costo del credito e dai tassi ancora alti.Tre temi su cui, a suo avviso, bisognerebbe investire?In primo luogo su tutto ciò che porta a migliorare produttività, efficienza, flessibilità: quindi investimenti in innovazione e digitalizzazione una parte dei quali saranno incentivati dal piano industria 5.0, che sarà legato anche alla sostenibilità. Non trascurerei gli investimenti sul capitale umano, dalle politiche di welfare alla formazione, sempre più elemento di sopravvivenza delle imprese.Vicenza continua ad essere un territorio dove le piccole imprese hanno un ruolo di primo piano: un bene o un male?Il modello rimane valido e vincente. Ma avere anche aziende di maggiore dimensione aiuterebbe il territorio ad avere più forza, sostenere in modo più robusto la filiera e essere più attrattivo.

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