Di Martina Gianecchini, professoressa di Gestione delle Risorse Umane, Università di Padova
I dibattiti che riguardano la quarta rivoluzione industriale, in qualsiasi contesto settoriale avvengano e con qualsiasi focus, sembrano tutti essere accomunati dalla stessa preoccupazione: cosa accadrà al lavoro?
Superati i primi allarmi sull’”estinzione” di centinaia di professioni lanciati dal primo famoso studio di Frey e Osborne “The Future of Employment” nel 2013, le successive indagini hanno disegnato scenari meno apocalittici suggerendo una trasformazione dei lavori tradizionali piuttosto che una loro scomparsa. In particolare, nei cosiddetti lavori ibridi, del cui studio si sta occupando l’Osservatorio sulle Professioni Digitali finanziato dalla Regione Veneto e guidato da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali “M. Fanno” dell’Università di Padova, le competenze tecniche e relazionali dei mestieri consolidati si integrano con le nuove competenze informatiche e digitali, con le abilità di comunicazione nei social network, con le modalità di collaborazione in ambienti di lavoro meno gerarchici e strutturati. La strada del cambiamento sembra quindi segnata, ma come sono posizionate le lavoratrici per percorrerla e cogliere le nuove opportunità occupazionali?
Rispetto alla prima dimensione del cambiamento del lavoro, cioè quella tecnologica, le donne continuano a essere in una posizione di svantaggio rispetto agli uomini. Come mostra il Bilancio di Genere 2016 dall’Università di Padova, le donne rappresentano solamente il 31% tra coloro che nell’anno accademico 2015/2016 si sono immatricolati in un corso di laurea di area scientifica. È il noto problema delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), che non riguarda solo l’Italia ma numerosi altri Paesi: ad esempio, secondo un’indagine condotta dalla Comunità Europea, nel 2015 le donne rappresentavano in media il 28% dei laureati in Ingegneria e il 42% dei laureati in matematica, informatica e materie scientifiche nei Paesi EU27. Rispetto a questo tema alcune aziende si stanno attrezzando con progetti che coinvolgono giovani studentesse sin dalle scuole medie e superiori, proponendo loro di svolgere attività collegate al mondo dell’ingegneria e dell’informatica, quali ad esempio lo sviluppo di app per i cellulari. Sono numerosi infatti gli studi, svolti soprattutto nell’ambito della psicologia sociale (si vedano a questo proposito i lavori della prof.ssa Janet Hyde dell’Università del Winsconsin), che dimostrano come la scarsa propensione delle donne verso la matematica e le materie scientifiche sia sostanzialmente il frutto di stereotipi culturali che identificano questi ambiti di studio come prettamente maschili: queste pressioni sociali riducono nelle ragazze la sicurezza nelle proprie abilità e conseguentemente il loro desiderio di intraprendere corsi di laurea (e percorsi professionali) in ambito scientifico e ingegneristico.
Rispetto alla seconda dimensione del cambiamento del lavoro, cioè la progressiva diffusione nelle aziende di modelli organizzativi che valorizzano la collaborazione, il lavoro di gruppo e la flessibilità, le donne sono parimenti – se non in maniera superiore – attrezzate rispetto agli uomini. Un aspetto talvolta trascurato della quarta rivoluzione industriale è infatti relativo ai cambiamenti nelle strutture gestionali delle imprese che le nuove tecnologie stanno stimolando e facilitando. Le aziende stanno diventano snelle (lean) e agili (agile): i collaboratori sono chiamati a partecipare alle attività da svolgere in base alla loro competenza e non in funzione del loro potere gerarchico, si predilige il lavoro di gruppo e i processi decisionali sono rapidi perché non sono finalizzati a trovare la soluzione “ottima” ma quella “buona abbastanza” per permettere all’organizzazione di cominciare ad affrontare il problema. Questi contesti lavorativi favoriscono la presa di responsabilità, la flessibilità, la collaborazione e l’abilità di lavorare su più progetti contemporaneamente: caratteristiche, in particolare queste ultime, che gli studi manageriali e sulla leadership riconoscono primariamente alle donne.
Se quindi da un lato è prematuro sostenere che la quarta rivoluzione industriale sosterrà un aumento dell’occupazione femminile,sicuramente la spinta della tecnologia e le evoluzioni sociali che ad essa si accompagnano possono finalmente produrre delle “crepe” nei muri di vetro e nei soffitti di cristallo che da troppi anni limitano la possibilità per le donne di esprimere il loro potenziale professionale.